Marc Chagall – L’artista alla deriva sognante
Volevo iniziare con qualcosa che mi rappresentasse, con qualcosa che avesse avuto per me una certa
importanza, un certo significato. Sapevo di non dover cercare lontano. L’idea era già lì, attendeva
solo il momento giusto per venir fuori. Ho cominciato a scrivere, semplicemente, con la passione
con cui ho preso ad amare l’arte, in particolare la sua arte.
“ Non vorrei essere come tutti gli altri; voglio vedere un mondo nuovo”
è Marc Chagall a dirlo in un frammento della sua autobiografia Ma Vie.
Accade, così, che egli stravolga il consueto per proporci il mondo secondo la sua versione: cambia
punto d’osservazione, abbandona regola, rigidità, pragmatismo, intravede un altro mondo, un’altra
vita fatta di altri valori, i suoi.
Chagall è un artista originale, di un’originalità senza precedenti e senza seguito, perchè la sua
originalità non è rivoluzionaria, la sua originalità non è rottura, non è trauma, non è eccesso… la sua
originalità sta, invece, nell’essere tradizionale in un modo che lo rende unico; lui solo, l’ebreo
errante, che percorre, attraversa la storia dell’arte di quasi un secolo, il novecento, rinnovandosi
eppure rimanendo sempre fedele a se stesso e alle tematiche a lui care.
La sua formazione artistica è un amalgama di leggende popolari russe, riti tradizionali ebraici, arte
delle icone bizantine, ed è qui, dentro quest’amalgama che vive la sua anima, che prolifera il mondo
dell’immaginazione, dei sogni, dei ricordi dell’infanzia a cui per tutto il corso della sua parabola
artistica non smetterà di dar voce portando, così, a compimento il suo delicato, emozionante,
personalissimo racconto visivo, fatto in un linguaggio semplice che ne permette una lettura
immediata.
Tutto è vero nelle sue tele, tutto è accettabile, tutto è comprensibile, ma tutto è anche al di là della
necessità fisica. Uomini e animali che camminano sui tetti, che suonano il violino, che volano per
aria, oggetti e soggetti inseriti entro un tempo movimento indeterminato, entro uno spazio e
un’epoca non definibili.
Ogni suo lavoro ci dà modo di contemplare un mondo alla rovescia, un mondo capovolto in cui si
sfidano le leggi di gravità, si trasgrediscono le norme dell’ordine classico, vengono meno i
tradizionali canoni prospettici.
Chagall ci consegna la vita trasformata, la vita ammantata di magia che ha nella figurazione anti-
logica la sua forma d’espressione e nel colore il veicolo che la rende possibile, realizzabile.
“ Io ho portato dalla Russia il mio mondo, Parigi vi ha versato sopra la sua luce”
E’ sempre lui a dirlo. Parigi è il luogo dove la sua pittura matura, anzi esplode, confrontandosi con
la libertà delle ricerche artistiche espressioniste, surrealiste, orfiche…
In Chagall il colore indaga “ ciò che è visibile di ciò che resta invisibile”, perciò viene impiegato in
modo da non corrispondere a quello che di solito appartiene a ciò che è raffigurato, rendendo, così,
le scene evanescenti, inverosimili.
È un colore acceso, luminoso, vibrante, un colore di cui egli indaga la potenza espressiva, la
capacità di irradiazione.
Eppure c’è una parte della sua produzione che si realizza per sottrazione del colore, si tratta della
trilogia delle acqueforti per le Anime Morte di Gogol, le Favole di La Fontaine e la Bibbia, alle
quali è stata dedicata di recente una mostra che ha fatto tappa a Roma al Chiostro del Bramante e a
Catania al Catello Ursino. In queste egli abbandona i toni eccessivamente visionari, ma non rinuncia
alla licenza nella creazione dello spazio, negli scarti di proporzioni e prospettiva, nella
deformazione delle figure e soprattutto, nonostante siano in bianco e nero, a suggerire delicati effetti
di pittoricismo.
Chagall non si contraddice, rimane accurato, raffinato, emotivo, con opere sempre in bilico tra
realtà e fantasia, in cui l’impossibile diventa possibile, in cui ritroviamo un’illogicità che, però, non
disturba, non spaventa, non offende, ma che al contrario tranquillizza, rasserena, commuove. Perchè
è l’illogicità delle fiabe, delle favole, le quali sempre nascondono una verità reale, un insegnamento
morale sotto l’apparenza impossibile dei fatti di cui narrano. Così la sua arte, apparentemente
frivola, leggera, bizzarra, è invece piena di riferimenti e di rimandi culturalmente più ampi e
complessi che vanno capiti e interpretati, ma senza conoscere i quali possiamo, nondimeno,
apprezzarne il valore e la bellezza.
Senza volerlo Chagall è stato un abile narratore perchè ha colmato lo scarto tra parola e immagine
creando opere che sembrano essere il naturale prolungamento dei testi che ha illustrato, riuscendo a
intercettarne l’essenza e a renderla manifesta senza mai limitarsi a imitare o a ripetere.
Non si può racchiudere Chagall in un giudizio, in una considerazione, in poche righe, perchè
proprio come la sua arte ha bisogno di vivere nell’espansione e nella sospensione.
Si può provare, forse, a raccontare l’emozione che è stata la materia prima, la materia viva e
pulsante con cui ha lavorato.
Ogni opera è stata un momento di vita che si è lasciato alle spalle: una vita intera di opere, una vita
intera di momenti di se con cui ci incanta ancora una volta, per cui sarà ricordato e amato ancora
tutte le volte.
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